Grosso, goffo, Goffredo.

Personalmente mi sveglio con i coglioni girati 5/7 ma da persona, socialmente (esclusivamente) riconosciuta come normale, riesco solitamente a nascondere la mia, seppur grande, sacca scrotale girata. Capita però, a volte, di non riuscire a trattenere la repulsione alla vita, di sentire tra la lingua e il palato quel sapore di male di vivere che è caratteristico di ogni essere umano tra i 18 e i 68 e di esprimerlo in maniera aggressiva, arrabbiata, violenta.

C’è però chi riesce ad esprimerlo in maniera differente, sicuramente in un modo più simpatico, tipo Goffredo.

Goffredo vivendo in comunità da un po’ è ormai assuefatto dal parlare di psicologi e psichiatri, esprime senza mezzi termini i suoi pensieri a dir poco coloriti, si fa grosso come la D’Urso che inveisce contro un parroco omofobo. Badate, quando dico grosso, intendo anche fisicamente grosso, concretamente enorme, non è solo una metafora, il suo girovita si allarga letteralmente, come l’orifizio anale pronto a riceve un’altra fregatura.

Come, vi starete chiedendo. Come si fa ad aumentare di stazza, quando si è arrabbiati? Piacerebbe a tutti fare brutto al nemico quando ci fa incazzare. Bè, Goffredo me lo ha insegnato.

Dopo un vivace scambio di opinioni mi abbandona in refettorio e, il mio cervello, ormai bravissimo nell’utilizzare il meccanismo della rimozione, dimentica l’accaduto. Temporaneamente. Dopo una ventina di minuti, dal fondo del corridoio buio, intravedo una sagoma irriconoscibile, Grossa, Grottesca, Goffa, Goffredo. Con andamento impacciato, con i movimenti limitati, con un fare minaccioso, simile a quello della commessa quando non ti disinfetti le mani all’ingresso, si dirige verso di me questa massa informe di carne, ossa e chissà. Arriva da me un Goffredo versione Settimana Bianca anni ’80, colori armoniosi come il nuovo inedito Sfera Ebbasta, comodo come Francesco Nozzolino nelle strette poltrone di Pomeriggio 5.

Senza nascondere la mia ilarità chiedo a Goffredo cosa stesse facendo o cosa pensasse di star facendo. Stizzito e con un eloquio così sconnesso da far invidia a Broca cerca di comunicarmi il suo disappunto nei miei confronti e di aver deciso di prendere le distanze da me, distanze evidentemente fisiche visto che aveva indossato circa 8 strati di vestiti. Canotte, magliette, camicie, felpe, giacche, cappotti, giacca a vento, cappello, sciarpa, guanti, pantaloncini, pantaloni, pantaloncini sopra i pantaloni, una gonna sopra i pantaloncini che stavano sui pantaloni messi sopra i pantalonci che alla fiera mio padre comprò, uno scialle e due cinture.

Goffredo ha allegramente continuato a girare per la comunità in quel modo per circa un’ora fino a quando ha fatto perdere le sue tracce. Onestamente preoccupata che fosse rimasto soffocato e con il torace schiacciato con tutta quella roba addosso vado a cercarlo.

Apro la porta della sua stanza, trovo lo stesso ordine che c’era nella camera della mia ex coinquilina, da sempre da me ritenuta psicotica, e lui piantato in mezzo a una catena montuosa fatta di vestiti spiegati e scarpe spaiate. Mentre riflettevo sulla situazione e la mia mente divagava sulle svariate versioni di questa storia che avrei potuto raccontare Goffry in un maldestro tentativo di togliersi una maglia resta incastrato e lamentandosi mi chiede aiuto. E questa è la storia di come passai i restanti 45 minuti del mio turno a scastrarlo e svestirlo da tutto quello che di superfluo aveva addosso.

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